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CHI TROVA UNA LIRA NON TROVA UN TESORO (Il Venerdì di Repubblica del 25 02 2022)

Rosaria Amato • March 18, 2022

VENT’ANNI DOPO L’ARRIVO DELL’EURO, MOLTI CONSERVANO ANCORA

LE VECCHIE MONETE. E ALCUNI SITI WEB PROMETTONO GUADAGNI

FAVOLOSI A CHI VUOLE VENDERLE. PECCATO CHE SIA SOLO UN SOGNO

Vent’anni dall’euro, dieci anni da quando, il 28 febbraio 2002, le lire sparirono definitivamente dalla circolazione. Eppure qualcosa è rimasto. Calcola Bloomberg che ci siano ancora in giro lire in monete e banconote per il valore di 1,2 miliardi di euro (tenendo conto del cambio fissato nel 1999, cioè 1936,27 lire per un euro). Più “nostalgiche” di noi sono solo la Spagna (dove sono rimaste pesetas per l’equivalente di 1,6 miliardi di euro) e soprattutto la Germania, che detiene ancora una quantità di marchi pari a 6,3 miliardi di euro. C’è chi giura che ci siano persino luoghi dove (in via informale) i marchi possono ancora essere usati per pagare beni e servizi.

Quel che è certo è che i tedeschi, a differenza di spagnoli e italiani, hanno ragione di prendersela comoda, visto che la loro banca centrale cambia ancora in euro non solo le banconote, ma anche le monete. Mentre la lira non è più “redimibile”. Nessuna possibilità neanche per i franchi francesi o lussemburghesi, le monete belghe e austriache (mentre si possono ancora cambiare le banconote), le dracme greche, i marchi finlandesi, le sterline cipriote, le lire maltesi. La convertibilità delle banconote portoghesi termina il 28 febbraio di quest’anno, tutte le altre monete, dalla sterlina irlandese alle valute di Estonia, Lituania e Lettonia, sono ancora redimibili.


SOTTO IL MATERASSO

Eppure, in tanti conservano le vecchie monete nei cassetti o sotto il materasso per nostalgia, o con la speranza di fare un discreto guadagno nel mercato numismatico, considerato che siti come eBay riportano per alcuni casi “rare” quotazioni da capogiro. Una speranza subito stroncata da Luca Alagna, cagliaritano, presidente dell’associazione dei Numismatici italiani professionisti (Nip), stronca subito. “Io e i miei colleghi riceviamo fino a venti – trenta telefonate al giorno di persone che pensano di avere scoperto in casa un tesoro” dice. Nata nel 1993 e iscritta nell’elenco del ministero dello Sviluppo economico, la Nip raggruppa molti degli esperti che in Italia comprano e vendono monete e banconote di valore e assistono case d’asta e tribunali. “A ingannare le gente” prosegue Alagna “sono annunci trabocchetto, postati in rete solo per fare traffico o attirare l’attenzione. Questi annunci fanno grandi danni. C’è gente che ci minaccia, chi in una crisi di rabbia e delusione mette giù il telefono, mi è capitata anche qualche anziana signora che è scoppiata a piangere. La maggior parte delle vecchie lire non vale neanche il valore nominale”.


QUOTAZIONI FASULLE

Eppure talvolta le quotazioni di cui si parla sono strabilianti. Un esempio a caso, da un annuncio pescato in rete in questi giorni: “Italia Moneta rara 20 lire 1982 con difetto di conio attorno figura, prezzo 100 mila euro”. “E’ una menzogna” assicura Alagna, “ma purtroppo questi siti di E-commerce funzionano all’americana: controllano solo che in vendita non ci siano bombe o materiale pedopornografico, e per il resto tanto peggio per chi compra. Le lire non raggiungono prezzi del genere, ma gli annunci fanno credere che sia possibile. E chi è ignorante in materia si illude di essere in possesso di monete che valgono chissà quanto. Può diventare un problema sociale”.


REQUISITI OBBLIGATI

In realtà ci sono alcune vecchie lire che hanno un valore numismatico superiore a quello nominale. A due condizioni: “Devono essere rare” continua il presidente di Nip, “e fior di conio, se monete, o fior di stampa per le banconote, cioè in ottimo stato di conservazione, meglio ancora se mai o quasi mai circolate”. Si tratta però di pochissimi pezzi: le monete coniate nel 1946 e 1947, la moneta da 5 lire del 1956, quelle da 2 e da 50 del 1958, quella da 20 del 1968. Sono state coniate in quantità di gran lunga inferiore al solito: per esempio, delle 5 lire del ’56 uscirono 400 mila pezzi, contro i 159 milioni della stessa moneta dell’anno prima” continua Alagna. Lo stesso principio vale “per qualche banconota di vecchio taglio”, aggiunge Giandomenico Varallo, numismatico di Torino, “ma non c’è roba che valga milioni, solo qualche decina di euro in più rispetto al valore nominale”. Per le banconote la rarità si capisce dalla codificazione, cioè il numero di serie che identifica ciascun biglietto, e che esempio permette di distinguere quelli fuori corso. Però attenzione, quello delle banconote rare “è un po’ un mercato di nicchia” aggiunge Varallo. “Devi andare a pescarti dei compratori, magari all’estero, per cercare di realizzare qualcosa. Ci sono mercati più attivi dei nostri, per esempio Spagna e Portogallo sono più vivaci per quanto riguarda questo tipo di piccolo collezionismo”.


EDIZIONI LIMITATE

Ci sono poi monete precedenti all’euro che hanno valore non tanto perché rare, o fior di conio, ma per il materiale: è il caso dei marenghi d’oro del Regno d’Italia. Una tradizione che continua con le emissioni rare di euro in metalli preziosi: di recente, ad esempio, il ministero dell’Economia ha messo in circolazione per i collezionisti pochi pezzi in argento da 5 euro e in oro da 20 dedicati a Dante Alighieri, a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino, e in precedenza anche ad Antonio Canova. “Il collezionista le compra, poi vengono seppellite in cassaforte e ne parliamo tra una generazione per vedere se hanno acquistato valore numismatico” commenta Alagna. Quanto invece agli euro comuni, non bisogna proprio farsi illusioni. Le uniche monete che possono avere qualche valore tra gli euro di metallo, conclude il presidente della Nip, “sono quelle emesse con tiratura limitata dal Principato di Monaco, Città del Vaticano, Repubblica di San Marino, Principato di Andorra: E solo quando si trovano delle confezioni ufficiali per numismatici”.

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Ma avremo modo nei prossimi giorni, dando voce ad alcuni dei protagonisti, di approfondire aspetti fondamentali. Orientamenti in giurisprudenza, prassi viziate, nodi da sciogliere Sul tavolo degli Stati generali una serie di questioni di scottante attualità, dagli orientamenti giurisprudenziali in materia di beni numismatici alle prassi della pubblica amministrazione nel rapporto con i privati e il mercato – prassi spesso viziate da una visione statalista – fino alle normative in fase di discussione e, ovviamente, alle proposte di modifica alle leggi esistenti in modo da poter garantire alla numismatica, gestita in modo etico e responsabile, diritto non solo di esistenza ma anche di sviluppo e di sinergia con lo Stato. Sì, perché uno dei concetti emersi è stato anche – a seguito della ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di Faro – quel fondamentale passaggio evolutivo dal tradizionale diritto “dei” beni culturali ad un innovativo diritto “ai” beni culturali, in questo caso i beni numismatici, visto nell’ottica della comunità nazionale e dei singoli, dei privati come dei professionisti, come soggetti attivi di tutela. Sala gremita, nei limiti delle normative sanitarie, alla Biblioteca del Senato presso il Palazzo della Minerva a Roma: sul palco si sono alternati oratori istituzionali e privati, professionisti e giuristi Un diritto inalienabile, quello al collezionismo e al commercio di monete, né in nome di una strampalata presunzione di provenienza dal sottosuolo di tutte le monete antiche e medievali – per gran parte, solo passate di mano in mano e sul mercato per secoli – né in nome di quel 1909 ante quem si vorrebbe rendere obbligatorio dimostrare la provenienza di ciò che, invece, è semplicemente stato conservato in patrimoni e raccolte private. I collezionisti e il commercio etico: soggetti attivi di tutela Illuminante, in merito al concetto di “interesse pubblico” per le cose numismatiche, è stato il parere del presidente della Prima Sezione della Corte di Cassazione, il giudice Francesco Antonio Genovese, che ha sottolineato come alle due categorie canoniche – le monete “di proprietà pubblica” e quelle private “oggetto di tutela” – sia ormai necessario codificarne una terza, quella delle monete, antiche o moderne che siano, e sono la maggioranza, “prive di qualità di interesse per la pubblica amministrazione”. Dal giudice Francesco Antonio Genovese, presidente della I Sezione della Corte di Cassazione, è venuta una riflessione sulla necessità di ripensare in senso meno statalista i criteri di tutela dei beni numismatici Anche perché, paradossalmente, le azioni dello Stato contro il mercato e il collezionismo ufficiali – che si manifesta in sequestri, ritardi o dinieghi nei certificati di esportazione, dichiarazioni di supposto “pregio” e/o “rarità” per singoli esemplari o intere raccolte – non deriva dal Testo unico dei Beni culturali né da leggi preesistenti e non abrogate bensì, in massima parte, da mere circolari ministeriali che sarebbe bene riscrivere, e in tempi brevi. I Numismatici italiani professionisti, le associazioni professionali internazionali AINP e FENAP, la Società numismatica italiana, l’Accademia italiana di studi numismatici hanno portato le loro voci per testimoniare in Senato, al tempo stesso, la molteplicità e l’unità d’intenti del mondo numismatico, senza contare i tanti, qualificati docenti universitari che hanno mostrato come l’esistenza del collezionismo e del mercato siano fondamentali anche per lo sviluppo della ricerca scientifica (quanto e talvolta più delle raccolte statali, in parte non catalogate nè pubblicate). La passione numismatica, un pilastro del patrimonio pubblico La presenza delle istituzioni è stata del resto anche occasione per ribadire il fondamentale contributo culturale di una plurisecolare tradizione di collezionismo e commercio di monete che tanto ha inciso anche sulla formazione del patrimonio pubblico (anche qui, con le sue monete di Venezia donate al Museo Correr, Papadopoli Aldobrandini insegna). E se lo Stato oggi non dispone – per varie ragioni e facendo le dovute eccezioni – di personale sufficiente o adeguatamente qualificato per discriminare i beni numismatici meritevoli di tutela dai milioni di monete antiche e moderne che circolano legittimamente sul mercato e nelle collezioni, allora che si avvalga della disponibilità di numismatici professionisti ed esperti privati. Una simile pratica, che si potrebbe proporre al Nucleo TPC dei Carabinieri, sarebbe un modo per creare una nuova ed efficace sinergia pubblico-privato; come lo sarebbe individuare – e anche in questo, basterebbero delle circolari ministeriali – delle categorie di materiali numismatici di libera circolazione. E altre proposte non mancano, perchè il collezionismo è imprescindibile per la tutela dei beni numismatici. Gli Stati generali della numismatica sono stati occasione di celebrare un secolo dalla scomparsa di Nicolò Papadopoli Aldobrandini, senatore del Regno, collezionista di monete e studioso di fama Per il futuro di un bene culturale “personale e collettivo” Perché mettere all’angolo in Italia il collezionismo e il commercio numismatico – si intende, quella numismatica praticata da privati e operatori come genuina, etica passione o come altrettanto legale professione – porterebbe ad un effetto nefasto, disastroso, diametralmente opposto a qualunque “tutela”, favorendo una diffusa circolazione illegale e sommersa delle monete (anche sotto il profilo fiscale) , il loro esodo verso l’estero; la distruzione, in sostanza, di quel “bene culturale” diffuso, materiale e immateriale, personale collettivo che è la numismatica. Gli atti degli Stati generali della numismatica saranno redatti entro breve ed è auspicabile che i contenuti siano recepiti in toto e valutati con attenzione dal Ministero della Cultura. E, al ministro Dario Franceschini, la numismatica italiana fa appello affinché il confronto avviato il 17 febbraio 2022 prosegua e porti a quel rasserenamento dei rapporti tra istituzioni e settore privato che, per la numismatica, ormai è ineludibile. LINK: https://www.cronacanumismatica.com/stati-generali-della-numismatica-voce-al-diritto-voce-al-collezionismo/
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